Se io fossi San Gennaro
di Federico Salvatore
Una delle più amare verità che si possano raccontare sulla Città più bella e affascinante del mondo, capitale di cultura mondiale, Città che ha dato i natali alle più famose canzoni classiche del 900. Città violentata nell'orgoglio e deturpata da immondizie politiche, mafiose e neomelodiche di piazza!. Quello che pensano i veri Napoletani, quello che vorrebbero dire tutti coloro che amano svisceratamente questa Città ma, nessuno osa dire, l'ha composto e cantato Federico Salvatore ed io, semplicemente ho provato ad illustrarlo con immagini tratte da internet. Salviamo Napoli. Peppe.
Fonte: You Tube
giovedì, gennaio 31, 2008
lunedì, gennaio 28, 2008
giovedì, gennaio 24, 2008
L'addio di De Magistris alla casta dei giudici
DICO ADDIO
ALLA CASTA
dei giudici
Luigi De Magistris
Giochi di potere. Lottizzazione. Nessuna difesa dei colleghi sotto tiro. Con una dura lettera d'accusa il pm di Catanzaro si dimette dall'Anm. Ecco il testo in esclusiva
Ecco la lettera con la quale il pm Luigi De Magistris si dimette dall'Associazione nazionale magistrati (come già aveva fatto la collega Ilda Boccassini due settimane fa), dopo la decisione del Csm di rimuoverlo dalla sede di Catanzaro e dall'ufficio di pm.
ALLA CASTA
dei giudici
Luigi De Magistris
Giochi di potere. Lottizzazione. Nessuna difesa dei colleghi sotto tiro. Con una dura lettera d'accusa il pm di Catanzaro si dimette dall'Anm. Ecco il testo in esclusiva
Ecco la lettera con la quale il pm Luigi De Magistris si dimette dall'Associazione nazionale magistrati (come già aveva fatto la collega Ilda Boccassini due settimane fa), dopo la decisione del Csm di rimuoverlo dalla sede di Catanzaro e dall'ufficio di pm.
Già da alcuni mesi avevo deciso – seppur con grande rammarico – di dimettermi dall’Associazione Nazionale Magistrati.
I successivi eventi che mi hanno riguardato, le priorità dettate dai tempi di un processo disciplinare tanto rapido quanto sommario, ingiusto ed iniquo, mi hanno imposto di soprassedere.
Adesso è il tempo che “tutti i nodi vengano al pettine”.
Vado via da un’associazione che non solo non è più in grado di rappresentare adeguatamente i magistrati che quotidianamente esercitano le funzioni, spesso in condizioni proibitive, ma sta – con le condotte ed i comportamenti di questi anni – portando, addirittura, all’affievolimento ed all’indebolimento di quei valori costituzionali che dovrebbero essere il punto di riferimento principale della sua azione.
L’A.N.M. – che storicamente aveva avuto il ruolo di contribuire a concretizzare i valori di indipendenza interna ed esterna della magistratura – negli ultimi anni, con prassi e condotte censurabili ormai sotto gli occhi di tutti, ha contribuito al consolidamento di una magistratura “normalizzata” non sapendo e non volendo “stare vicino” ai tanti colleghi (sicuramente i più “bisognosi”) che dovevano essere sostenuti nelle loro difficili azioni quotidiane spesso in contesti di forte isolamento; ha fatto proprie tendenze e pratiche di lottizzazione attraverso il sistema delle cosiddette correnti; ha contribuito – di fatto – a rendere sempre più arduo l’esercizio di una giurisdizione indipendente che abbia come principale baluardo il principio costituzionale che impone che tutti i cittadini siano uguali di fronte alla legge.
L’A.N.M. è divenuta, con il tempo, un luogo di esercizio del potere, con scambi di ruoli tra magistrati che oggi ricoprono incarichi associativi, domani siedono al C.S.M., dopodomani ai vertici del ministero e poi, magari, finito il “giro”, si trovano a ricoprire posti apicali ai vertici degli uffici giudiziari.
È uno spettacolo che per quanto mi riguarda è divenuto riprovevole.
Anche io, per un periodo, ho pensato, lottando non poco come tutti i miei colleghi sanno, di poter contribuire a cambiare, dall’interno, l’associazionismo giudiziario, ma non è possibile non essendoci più alcun margine.
Lascio, pertanto, l’A.N.M., donando il contributo ad associazioni che, nell’impegno quotidiano antimafia, cercano di garantire l’indipendenza concreta della magistratura molto meglio dell’associazionismo giudiziario.
Non vi è dubbio che anche il Consiglio Superiore della Magistratura, composto da membri laici, espressione dei partiti, e membri togati, espressione delle correnti, non può, quindi, non risentire dello stato attuale della politica e della magistratura associata.
I magistrati debbono avere nel cuore e nella mente e praticare nelle loro azioni i principi costituzionali ed essere soggetti solo alla legge.
So bene che all’interno di tutte le correnti dell’A.N.M. vi sono colleghi di prim’ordine, ma questo sistema di funzionamento dell’autogoverno della magistratura lo considero non più tollerabile.
Il C.S.M. deve essere il luogo in cui tutti i magistrati si sentano, effettivamente, garantiti e tutelati dalle costanti minacce alla loro indipendenza.
Non è possibile assistere ad indegne omissioni o interventi inaccettabili dell’A.N.M., come ad esempio negli ultimi mesi, su vicende gravissime che hanno coinvolto magistrati che, in prima linea, cercano di adempiere solo alle loro funzioni: da ultimo, quello che è accaduto ai colleghi di Santa Maria Capua Vetere.
Non parlo delle azioni ed omissioni riprovevoli – da parte anche di magistrati, non solo operanti in Calabria – sulla mia vicenda perché di quello ho riferito alla magistratura ordinaria competente e sono fiducioso che, prima o poi, tutto sarà più chiaro.
Certo, lo spettacolo che mi ha visto in questi giorni protagonista, in un processo disciplinare che mi ha lasciato senza parole, ha contribuito a radicare in me la convinzione che questo sistema ormai è divenuto inaccettabile per tutti quei magistrati che ancora sentono e amano profondamente questo mestiere e che siamo ormai al capolinea.
Io sono orgoglioso – sembrerà paradossale – che questo C.S.M. mi abbia inflitto la censura con trasferimento d’ufficio. Era proprio quello che mi aspettavo. Ed anche scritto, in tempi non sospetti.
Ho già detto, ad un mio amico antiquario, di farmi una bella cornice: dovrò mettere il dispositivo della sentenza dietro la scrivania del mio ufficio ed indicare a tutti quelli che me lo chiederanno le vere ragioni del mio trasferimento.
La mia condanna disciplinare è grave e infondata, nei confronti della stessa farò ricorso alle sezioni unite civili della Suprema Corte di Cassazione confidando in giudici sereni, onesti, imparziali, in poche parole giusti.
La condanna è, poi, talmente priva di fondamento, da ogni punto di vista, che la considero anche inaccettabile.
Mi viene inflitta la censura, devo lasciare Catanzaro ed abbandonare le funzioni di pubblico ministero in sostanza perché non ho informato i miei superiori in alcune circostanze e perché ho secretato un atto solo ed esclusivamente per salvaguardare le indagini ed evitare che vi fossero propalazioni esterne che danneggiassero le inchieste; senza, peraltro, tenere conto delle gravissime ragioni che hanno necessariamente ispirato alcune mie condotte.
Troppo zelo, troppi scrupoli, troppo amore per questo mestiere.
Del resto il procuratore generale che rappresentava l’accusa in giudizio, nel rimproverarmi, definendomi anche birichino, ha detto che concepisco le mie funzioni come una missione.
Ebbene, questa decisione, a mio umile avviso, contribuisce ad affievolire l’indipendenza della magistratura, conduce ad indebolire i valori ed i principi costituzionali, ci trascina verso una magistratura burocratizzata ed impaurita sotto il maglio e la clava del processo disciplinare.
Il rappresentante della Procura generale della Cassazione in udienza, il dr Vito D’Ambrosio, ex politico, il quale per circa dieci anni è stato anche presidente della Giunta della Regione Marche, ha sostenuto, durante il processo, sostanzialmente, che non rappresento, in modo adeguato, il modello di magistrato.
Ed invero, il modello di magistrato al quale mi sono ispirato è quello rappresentato da mio nonno magistrato (che ha subito anche due attentati durante l’espletamento delle funzioni), da mio padre (che ha condotto processi penali di estrema importanza in materia di terrorismo, criminalità organizzata e corruzione), dai miei magistrati affidatari durante il tirocinio, dai tanti colleghi bravi e onesti conosciuti in questi anni, da quello che ho potuto apprendere ed imparare, sulla mia pelle in contesti ambientali anche molto difficili, dall’esperienza professionale nell’esercizio di un mestiere al quale ho dedicato, praticamente, gran parte della mia vita.
Il mio modello è la Costituzione repubblicana, nata dalla resistenza.
Il modello “castale” e del magistrato “burocrate” non mi interessa e non mi apparterrà mai, nessuna “quarantena” in altri uffici, nessun “trattamento di recupero” nelle pur nobili funzioni giudicanti, potrà mutare i miei valori, né potrà far flettere, nemmeno di un centimetro, la mia schiena.
Sarò sempre lo stesso, forse, debbo a questo appunto ammetterlo, un magistrato che per il “sistema” è “deviato ed eversivo”.
Pertanto, questa sentenza è, per me, la conferma di quello che ho visto in questi anni ed un importante riscontro professionale alla bontà del mio lavoro.
Certo è una sentenza che nella sua profonda ingiustizia è anche intrinsecamente mortificante.
Imporre ad un pubblico ministero, che si sa che ha sempre professato e praticato l’amore immenso per quel mestiere, di non poterlo più fare – sol perché ha “osato”, in pratica, indagare un sistema devastante di corruzione e cercato di evitare che una “rete collusiva” ostacolasse il proprio lavoro e, quindi, condannandolo per avere, in definitiva, rispettato la legge – è un po’ come dire ad un chirurgo che non può più operare, ad un giornalista di inchiesta che deve occuparsi di fiere in campagna, ad un investigatore di polizia giudiziaria che deve pensare ai servizi amministrativi.
Farò di tutto, con passione ed entusiasmo intatti, nei prossimi mesi, per dimostrare quanto ingiusta e grave sia stata questa sentenza e che danno immane abbia prodotto per l’indipendenza e l’autonomia dei magistrati, ed anche e soprattutto per la Calabria, una terra (che continuerò sempre ad amare comunque finisca questa “storia”) che aveva bisogno di ben altri “segnali” istituzionali.
Lavorerò ancor più alacremente nei prossimi mesi – prima del mio probabile allontanamento “coatto” dalla Calabria – presso la Procura della Repubblica di Catanzaro per condurre a termine le indagini più delicate pendenti.
Non mi sottrarrò ad eventuali dibattiti pubblici anche tra i lavoratori, tra gli operai, tra gli studenti, nei luoghi in cui vi è sofferenza di diritti, per contribuire – da cittadino e da magistrato, con la mia forza interiore – al consolidamento di una coscienza civile e per la realizzazione di un tessuto connettivo sinceramente democratico.
Il Paese deve, comunque, sapere che vi sono ancora magistrati che con onore e dignità offrono una garanzia per la tutela dei diritti di tutti (dei forti e dei deboli allo stesso modo) e che non si faranno né intimidire, né condizionare, da alcun tipo di potere, da nessuna casta, esercitando le funzioni con piena indipendenza ed autonomia, in una tensione ideale e morale costituzionalmente orientata, in ossequio, in primo luogo, all’art. 3 della Costituzione repubblicana.
La lotta per i diritti è dura e forse lo sarà sempre di più nei prossimi mesi: nelle istituzioni e nel Paese vi sono ancora, però, energie e valori, anche importanti.
Si deve costruire una rete di rapporti – fondata sui valori di libertà, uguaglianza e fratellanza – che impedisca all’Italia di crollare definitivamente proprio sul terreno fondamentale dei diritti e della giustizia.
È il momento che ognuno faccia qualcosa – in questa devastante deriva etica e pericoloso decadimento dei valori – divenendo protagonista per contribuire al bene della collettività e del prossimo, non lasciando l’Italia nelle mani di manigoldi, affaristi e faccendieri.
23 gennaio 2008
Luigi De Magistris
lunedì, gennaio 21, 2008
Cuffaro dopo la condanna:"Ricorrerò in appello" (Vergogna!)
VERGOGNA CUFFARO
VERGOGNA VERGOGNA
Un Totò Cuffaro che non conosce la parola "vergogna" parla dopo la condanna a 5 anni di reclusione. Non si dimette. VERGOGNA!!
Il post con il video sul blog di Beppe Grillo
VERGOGNA VERGOGNA
Un Totò Cuffaro che non conosce la parola "vergogna" parla dopo la condanna a 5 anni di reclusione. Non si dimette. VERGOGNA!!
Il post con il video sul blog di Beppe Grillo
AGGRESSIONE DI CUFFARO VERSO GIOVANNI FALCONE
La vergognosa AGGRESSIONE
di TOTO' CUFFARO
verso GIOVANNI FALCONE
Al Maurizio Costanzo Show
Giovanni Falcone (ancora vivo) durante il Maurizio Costanzo Show viene aggredito e accusato verbalmente da un sconosciuto politico democristiano che diventerà Presidente della Regione Sicilia Totò Cuffaro
CUFARO VERGOGNATI !!!! ..
di TOTO' CUFFARO
verso GIOVANNI FALCONE
Al Maurizio Costanzo Show
Giovanni Falcone (ancora vivo) durante il Maurizio Costanzo Show viene aggredito e accusato verbalmente da un sconosciuto politico democristiano che diventerà Presidente della Regione Sicilia Totò Cuffaro
CUFARO VERGOGNATI !!!! ..
sabato, gennaio 05, 2008
giovedì, gennaio 03, 2008
Frost, il mondo
Intervista del 08/11/07
a Benazir Bhutto
Sir David parla l'ex primo ministro pakistano Benazir Bhutto sul suo controverso ritorno in Pakistan, che si pensa sia dietro l'attentato mortale del suo convoglio a Karachi il mese scorso, e se lei e Musharraf in grado di forgiare un accordo powersharing.
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traduzione di ciò che circola via web:
su un'intervista del 2 novembre 2007 a David Frost, giornalista vedette a Al-Jazira, Benazir Bhutto afferma - tra l'altro- che Oussama ben Laden è stato assassinato da Omar Sheikh, un agente del ISI pakistana che giocò un ruolo-chiave negli attentati dell'11 settembre. Questa dichiarazione stupefacente, a prendere con molta precauzione, solleva molti numerosi problemi, che rischiano a questo punto di non essere mai risolti.Il 27 dicembre 2007, il primo ministro del Pakistan Benazir Bhutto trovava la morte in un attentato-suicidio, i cui comandatari non hanno potuto essere ancora chiaramente identificati. Il 18 ottobre scorso, giorno del suo ritorno in Pakistan dopo otto anni d'esilio, era già l'obiettivo di un attentato-suicidio da cui riusciva ad uscire miracolosamente indenne. Tra questi due attacchi, il 2 novembre, aveva accordato un'intervista a David Frost di Al-Jazira, dove aveva designato i possibili responsabili dell'attentato del 18 ottobre; secondo lei, potevano provenire “da una gang del signore di guerra afgano Baitullah Mehsud, o di Hamza Ben Laden, il figlio di Oussama ben Laden, o dei talibani pakistanesi a Islamabad, o di un gruppo a Karachi.„Proseguiva: “Ho inviato una lettera (al presidente Pervez Musharraf) che dice che finché questi gruppi potrebbero essere utilizzati, pensavo che sarebbe stato più importante ricercare la gente che li sostengono, che li organizzano, che possono essere i finanzieri, o gli organizzatori del finanziamento di questi gruppi, ed ho nominato tre individui di cui io pensavo potessero essere loro simpatizzanti.David Frost chiede allora precisazioni su questi tre individui; vuole sapere se possono essere legati con il governo pakistano. È in questo caso che Benazir Bhutto lancia: “Sì, uno di loro è un personaggio molto importante (a very key appare) nella sicurezza. È un ex ufficiale militare. È qualcuno che è stato implicato con Jaish-e-Mohammed, uno dei gruppi di Maulana Azhar, che era in una prigione indiana per avere decapitato tre turisti britannici e tre turisti americani, ed è stato anche implicato con Omar Sheikh, l'uomo che ha assassinato Oussama ben Laden ".La dichiarazione sensazionale è l'ultima: Ben Laden sarebbe morto, ed il suo assassino sarebbe Omar Sheikh. Una dichiarazione che non deve tuttavia nascondere un'altra: quest'allusione a questo “ex ufficiale militare„ implicato con Jaish-e-Mohammed e Omar e Sheikh, e che Benazir Bhutto sospettasse di volerla assassinare.Questa é la traduzione!Un paio di punti: la faccia di David Frost quando la Bhutto ha lanciato la bomba: impassibile!La notizia é passata inosservata non solo in Italia!L'indomani la Bhutto avrebbe parlato di un errore di comprensione!
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1) è stata intervistata dopo l'esplosione al suo arrivo, che ha causato molti morti, ma l'ha lasciata illesa.
2) Omar Saeed ha ucciso David Pearl, non Osama Bin Laden(lapsus freudiano)
3) Ha dichiarato di avere inviato a Musharraf una lettera contenente i nomi di 3 persone che, vicine al governo, supportano gli estremisti: fra questi Ijaz Shah.
4) Shah era/è parte del settore dell'intelligence dell'esercito pakistano. E' un fervente antioccidentale e pro-Talebani e pro-Osama Bin Laden. Ha rilasciato molte interviste e non ha mai nascosto il suo pensiero. In molti ritengono che come lui, la pensi la maggior parte dell'intelligence pakistana e che lui vi sia ancora coinvolto, nonostante la pensione.
5) Ha dichiarato di avere preso accordi con Musharraf per un passaggio delle consegne pacifico e che se egli si fosse ripresentato con la divisa militare sarebbe stato un segnale che avrebbe complicato la situazione.
Sir David Frost è un giornalista televisivo INGLESE e lavora per Al Jazeera English Channel nel programma "Frost Over The World".
fonte: Forum della Redazione Politica del TG3
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Riporto quanto appena appreso dal Forum dell'ADUC - Di' La Tua -
con Autore: katz - scritto in data: 30 Dicembre 2007
B E N A Z I R
IL GRANDE DEPISTAGGIO
Maurizio Blondet - 29/12/2007
La morte della Bhutto sulla stampa pakistana
Contrordine.
Benazir Bhutto non è stata uccisa da cecchini con cinque pallottole di AK-47 alla testa, mentre i poliziotti di scorta avevano abbandonato il loro posto un minuto prima dell'assassinio (1).
Contrordine, contrordine: è stata uccisa dallo spostamento d'aria.
E Al Qaeda ha ripetutamente rivendicato.Ci sono le prove, le registrazioni di telefonate fra qaedisti…
Niente autopsia. C'è di meglio di un'autopsia. E' «imminente» un nuovo messaggio di Osama Bin Laden, rivolto però all'Iraq e ad un'organizzazione fondamentalista irachena, «Stato Islamico dell'Iraq».
Lo ha annunciato il celebre centro di caccia al terrorismo SITE, della già nota Rita Katz (2).
Che precisa di aver letto la notizia dell'imminenza in «blog jihadisti», e che il messaggio stavolta durerà 56 minuti.
E pensare che la CIA e le altre 17 agenzie d'intelligence americane, con 50 miliardi di dollari annui di fondi, non riescono a sapere mai nulla di Osama, benchè ci sia sulla sua testa una taglia di 25 milioni di dollari.Invece il SITE, composto di due membri (la Katz e Josh Devon), riesce a sapere tutto in anticipo. Dai blog jihadisti che la CIA non trova mai.
E' straordinario.
Tanto più che Benazir Bhutto in persona, pochi giorni prima di morire, in un'intervista a David Frost, aveva parlato come en passant dell' «uomo che ha ucciso bin Laden», e ne aveva fatto il nome: Saeed Sheikh (3).
E' lo stesso che è accusato di aver ammazzato Daniel Pearl, il giornalista del Wall Street Journal che in Pakistan stava investigando sui rapporti tra l'ISI (intelligence militare) e i terrorismi islamisti.
Questo Saeed Sheikh è anche l'uomo che, per conto dell'ISI, trasferì elettronicamente 100 mila dollari a Mohamed Atta poco prima dell'11 settembre.David Frost, per ragioni davidiche, ha sorvolato.Eppure le dichiarazioni postume della Bhutto sono all'ordine del giorno, e quando è il caso, vengono clamorosamente diffuse.
Dall'Ansa, 27 dicembre: «Benazir Bhutto attribuì la responsabilità di una sua eventuale morte violenta al presidente pakistano Pervez Musharraf. Lo fece in una e-mail indirizzata a un amico americano che è stata consegnata alla CNN prima dell'attentato di oggi. L'e-mail, del 26 ottobre, era stata data da Mark Siegel, l'amico, all'emittente con la consegna che poteva esser resa pubblica solo in caso di morte violenta della Bhutto. 'Era compito del governo proteggerla', ha detto Siegel alla CNN».
Mark Siegel: ecco un altro nome davidico, tipo Katz.
C'è sempre qualche davidico amicissimo del morto, come quell'Alex Goldfarb che stava al capezzale di Litvinenko, unico ammesso alla sala di rianimazione, e ne raccoglieva le accuse per poi riferirle alla grande stampa: è stato Putin, Putin, Putin.
Un altro amico e confidente della Bhutto, Humayun Gauhar, ha detto: «Se gli americani avessero potuto avere un governo retto dalla Bhutto, avrebbero ottenuto ciò che Musharraf ha rifiutato loro: lei avrebbe autorizzato l'entrata delle truppe NATO (letteralmente: gli stivali della NATO sul terreno) nelle aree tribali, e la possibilità di neutralizzare le nostre testate nucleari» (4).
Le testate nucleari, che non devono cadere in mano agli islamisti altrimenti «Israele è in pericolo».
Che questo sia il vero motivo di contenzioso alla radice dell'immenso, sanguinoso disordine pakistano, lo adombra anche Steve Clemons, giornalista di Washington, che ha spesso parlato con Benazir.
«Tra il lusco e il brusco, sotto sotto c'è la questione del comando e controllo delle loro testate atomiche», ha detto Clemons, che è un senior fellow alla New American Foundation, e molto addentro alle segrete stanze di Washington.Un accordo preliminare per far entrare le truppe NATO in Pakistan era già stato preso, come abbiamo riferito, tra Musharraf e John Negroponte.
A questo punto, Benazir - rispedita in patria per «espandere la democrazia» - diventava superflua (5).
Ora, magari, si può ipotizzare che gli stivali NATO (truppe speciali USA, soprattutto) non calcheranno il terreno dell'area tribale, ma abbiano la missione di arraffare le 20-30 testate del Pakistan?
E che all'ISI questa cosa non piaccia affatto, nonostante il sì di Musharraf?
Tutto è possibile.
Tanto più che in Pakistan, il nome «Al Qaeda», o «Talebani», è spesso inteso per formazioni che l'ISI manovra a suo piacere.
«Dovunque il caos viene creato nel mondo a forza di bombe ed assassini, e i neocon si affrettano a puntare il dito su Al Qaeda, si può essere ragionevolmente sicuri che siamo di fronte ad un altro attentato 'false flag' compiuto da un gruppo o gruppi che hanno qualche motivo ulteriore, politico e anche di profitto, per creare il caos»: così leggo su un blog complottista, lataan.blog.
Forse ha ragione il vecchio Lyndon LaRouche (6).
Anche lui ha parlato a caldo di «chaos operation» (operazione-caos), e con una nota interessante: «Guardiamoci da ogni 'spiegazione' o interpretazione del fatto in termini di personalità, di gossip o altro. Questa è una situazione totalmente anormale, e ci può essere solo una spiegazione abnorme».Quale?«Questo ha a che fare con la crisi finanziaria globale. E' l'inizio della prossima fase: creare una situazione di caos potenziale, che è rispondente alla crisi finanziaria. E' il detonatore della carica, che è la crisi finanziaria, il sistema che si sta disintegrando. Come ho detto ieri, è qualcuno interno al sistema britannico che sta agendo contro il resto del sistema. Non si tratta di rivalità né di concorrenza, è la fine del gioco. Chi lo conduce non è di una 'parte', è il croupier (game-master), non uno dei giocatori. Il croupier che vuole sopravvivere».
Secondo lui, «tutta l'operazione è centrata sul 3 gennaio».
Sarebbe la data in cui, «secondo fonti multiple» che LaRouche e i suoi hanno interpellato, «il sistema finanziario entrerà in una nuova e più massiccia crisi».
Floyd Norris, il giornalista finanziario del New York Times, ha già detto che la crisi dei mutui subprime è uno scherzo, in confronto al mercato delle obbligazioni corporate.
Ted Seides, analista di Protege Partners, adombra il collasso del vastissimo mercato dei Credit Default Swaps (CDS), ossia degli strumenti finanziari derivati e sofisticatissimi che venivano rifilati con la scusa che «assicuravano» contro le fluttuazioni monetarie e le perdite di cambio.
Erano gli «hedges» (che compensavano le perdite con guadagni), specialità degli hedge fund ultra-speculativi.
Secondo Seides, queste erano «assicurazioni senza alcuna riserva»: e il loro nominale è valutato in 45 mila miliardi di dollari.Ossia 45 trilioni: il quintuplo del debito nazionale USA.
Scenario da incubo, che non vogliamo nemmeno elaborare.
C'è chi può salvarsi da questa catastrofe?
Molti anni fa, Webster Tarpley mi parlò degli «immortali»: società e gruppi - a volte solo studi di avvocati, che gestiscono patrimoni di genealogie estinte di grandi banchieri - che si sanno immortali.
Ciò perché la loro memoria storica gli ricorda che le due guerre mondiali, le crisi del '29 e del '78, il collasso dell'URSS, Pol Pot e la rivoluzione culturale di Mao, qualunque altra catastrofe che ha spazzato via milioni di vite, rovinato milioni di oneste persone e i loro risparmi, a loro (agli immortali) ha sempre portato un aumento di ricchezza e di potere.Essi stanno al disopra del caos, e lo manovrano.
Il giorno in cui annunciò l'invasione dell'Afghanistan, Bush pronunciò una frase del tipo: «C'è un angelo nella bufera, e guida la tempesta».La si intese allora come una delle frasi rivolte ai cristiani rinati, che aspettano l'Apocalisse e la vogliono accelerare, onde accelerare il secondo avvento di Cristo.
Oggi, si può pensare che l'angelo sia quello delle tenebre, con i suoi agenti più vicini: «gli Immortali», appunto.
I maestri del caos.
Peccato sia morto Joe Vialls, il vecchio agente australiano: prima di morire, egli scrisse che quei maestri a cavallo del caos avevano già comprato vastissimi terreni come loro rifugio, per sopravvivere all'Apocalisse.
Parlò della Tasmania, grande isola a clima temperato nel pieno dell'Oceano Pacifico, lontana dall'Australia e da tutto.
Anche da eventuale fallout nucleare.Ma non facciamo correre la fantasia.
Vialls pensava ai neocon, a Wolfowitz, Perle, Ledeen e simili, che s'erano cercati un'isola per sfuggire al disastro da loro provocato.
Ma Tarik Ali, giornalista britannico nato pakistano, ha detto al Guardian che coloro che pensano di guadagnare dal caos possono essere altri: «In passato, il dominio dei militari (in Pakistan) era almeno inteso a conservare l'ordine, e lo ha fatto per qualche tempo. Ora non più. Oggi esso crea il disordine e promuove l'illegalità: come spiegare altrimenti di otto giudici della Corte Suprema che tentavano di imputare le agenzie d'intelligence militari e la Polizia e portarle in giudizio?».
Giusta osservazione: ora i regimi «forti» - la cui sola giustificazione era l'ordine - hanno convenienza a provocare il caos.
L'osservazione non vale solo per il Pakistan, vale per l'America, vale per l'Italia, vale dovunque il gruppo di potere dominante sente che solo il caos può salvarlo dall'impiccagione, dalla Norimberga che merita.
E', se ci si pensa, il rovesciamento definitivo e radicale del «katechon»: l'imperium non trattiene più il Signore del Caos, ma lo scatena, pensando di «cavalcare la tempesta».
Tutti i commenti dunque, in un modo o nell'altro, puntano il dito su questo: l'unica cosa chiara in questo attentato è il caos.Il caos come esito non voluto, oppure come fine a sé?
Nemmeno questo si può dire, com'è in fondo naturale quando il caos impera, quando governa «l'abnorme» evocato dal vecchio Lyndon.
Non resta che filosofare, come fa Dedefensa: «Il Pakistan è oggi il punto zero del disordine», ma il disordine che attanaglia il mondo l'ha creato «la politica occidentale e americanista».
Tutto è cominciato da un altro punto zero, il ground zero dell'11 settembre, il pretesto per scatenare la guerra mondiale al terrorismo, la «lunga guerra» senza fine.
Di lì si sparge e si espande la zona del caos, sempre più vasta: Afghanistan, Iraq, le ex-province dell'URSS, «cambi di regime», «democrazie colorate», menzogna ufficiale da tutti accettata, in un quadro di abbandono del diritto, di milioni di profughi che nessuno cura, di rilegittimazione della tortura proclamato in Occidente, di massacri impuniti di civili, di genocidi da uranio impoverito perpetrati con la più arrogante sicurezza che nessuno ti chiamerà a renderne conto, perché nel caos non ci sono più tribunali.
Jihadisti, fanatici cristianisti, massacratori casuali di familiari, appaiono tutti come mere scintille nel gran fuoco caotico: un'atmosfera psichica s'è instaurata, che fa che individui informi e malati dentro divengano degli ossessi, o dei posseduti.
E' il grande ballo di san Vito, che scatena i frenetici.
Fanatici sotto, fanatici sopra, al potere; irrazionalismo; terrore di sé e degli altri.
E tutto è cominciato (forse) per il petrolio, e certamente per garantire «la sicurezza di Israele».
Senza Israele come spina, il mondo islamico non sarebbe sconvolto da questo caos.
Chi è l'angelo che davvero cavalca la tempesta?
Lo sapremo presto.
Posso flebilmente ricordare ai credenti che anch'essi hanno una loro arma totale?
Cominciamo a recitare il Rosario.
Virgo Potens.
Mater Misericordiae.
Regina Pacis.
Auxilium Christianorum.
Stella mattutina, che guidi i naviganti nella tempesta.Facciamolo in famiglia, in gruppo, da soli.
Più che si può.
Come è stato profetizzato contro quell'Angelo della Tempesta: «Ella ti schiaccerà il capo».
Maurizio Blondet
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Note
1) Nick Juliano, «Police abandoned security posts before Bhutto assassination - No autopsy Performed on body», Raw story, 28 dicembre 2007.
2) WASHINGTON (AFP, 12/28/2007) The head of the Al-Qaeda network Osama bin Laden is expected to release a taped message on Iraq, a group monitoring extremist online forums said Thursday. The 56-minute tape by the hunted militant is addressed to Iraq and an extremist organization based there, the Islamic State of Iraq, said the US-based SITE monitoring institute, citing announcements on «jihadist forums». It said the release was «impending» but did not say whether the message was an audio or video tape.
3) «Osama bin Laden is dead», http://desertpeace.blogspot.com/2007/12/.
Qui si può vedere il video dove Benazir Bhutto indica l'uccisore di bin Laden. E' anche su YouTube.
4) Gail Sheehy, «Behind the assassination of Benazir Bhutto», Parade, 28 dicembre 2007.
5) «Bhutto sacrificed at the moment when deal was cut between US military & Musharraf», Rumor Mill News, 28 dicembre 2007.
6) LaRouche: «This Whole Operation [Pakistan] is Keyed to the Fact of January 3rd» LarouchePAC, 28 dicembre 2007.
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a Benazir Bhutto
Sir David parla l'ex primo ministro pakistano Benazir Bhutto sul suo controverso ritorno in Pakistan, che si pensa sia dietro l'attentato mortale del suo convoglio a Karachi il mese scorso, e se lei e Musharraf in grado di forgiare un accordo powersharing.
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traduzione di ciò che circola via web:
su un'intervista del 2 novembre 2007 a David Frost, giornalista vedette a Al-Jazira, Benazir Bhutto afferma - tra l'altro- che Oussama ben Laden è stato assassinato da Omar Sheikh, un agente del ISI pakistana che giocò un ruolo-chiave negli attentati dell'11 settembre. Questa dichiarazione stupefacente, a prendere con molta precauzione, solleva molti numerosi problemi, che rischiano a questo punto di non essere mai risolti.Il 27 dicembre 2007, il primo ministro del Pakistan Benazir Bhutto trovava la morte in un attentato-suicidio, i cui comandatari non hanno potuto essere ancora chiaramente identificati. Il 18 ottobre scorso, giorno del suo ritorno in Pakistan dopo otto anni d'esilio, era già l'obiettivo di un attentato-suicidio da cui riusciva ad uscire miracolosamente indenne. Tra questi due attacchi, il 2 novembre, aveva accordato un'intervista a David Frost di Al-Jazira, dove aveva designato i possibili responsabili dell'attentato del 18 ottobre; secondo lei, potevano provenire “da una gang del signore di guerra afgano Baitullah Mehsud, o di Hamza Ben Laden, il figlio di Oussama ben Laden, o dei talibani pakistanesi a Islamabad, o di un gruppo a Karachi.„Proseguiva: “Ho inviato una lettera (al presidente Pervez Musharraf) che dice che finché questi gruppi potrebbero essere utilizzati, pensavo che sarebbe stato più importante ricercare la gente che li sostengono, che li organizzano, che possono essere i finanzieri, o gli organizzatori del finanziamento di questi gruppi, ed ho nominato tre individui di cui io pensavo potessero essere loro simpatizzanti.David Frost chiede allora precisazioni su questi tre individui; vuole sapere se possono essere legati con il governo pakistano. È in questo caso che Benazir Bhutto lancia: “Sì, uno di loro è un personaggio molto importante (a very key appare) nella sicurezza. È un ex ufficiale militare. È qualcuno che è stato implicato con Jaish-e-Mohammed, uno dei gruppi di Maulana Azhar, che era in una prigione indiana per avere decapitato tre turisti britannici e tre turisti americani, ed è stato anche implicato con Omar Sheikh, l'uomo che ha assassinato Oussama ben Laden ".La dichiarazione sensazionale è l'ultima: Ben Laden sarebbe morto, ed il suo assassino sarebbe Omar Sheikh. Una dichiarazione che non deve tuttavia nascondere un'altra: quest'allusione a questo “ex ufficiale militare„ implicato con Jaish-e-Mohammed e Omar e Sheikh, e che Benazir Bhutto sospettasse di volerla assassinare.Questa é la traduzione!Un paio di punti: la faccia di David Frost quando la Bhutto ha lanciato la bomba: impassibile!La notizia é passata inosservata non solo in Italia!L'indomani la Bhutto avrebbe parlato di un errore di comprensione!
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1) è stata intervistata dopo l'esplosione al suo arrivo, che ha causato molti morti, ma l'ha lasciata illesa.
2) Omar Saeed ha ucciso David Pearl, non Osama Bin Laden(lapsus freudiano)
3) Ha dichiarato di avere inviato a Musharraf una lettera contenente i nomi di 3 persone che, vicine al governo, supportano gli estremisti: fra questi Ijaz Shah.
4) Shah era/è parte del settore dell'intelligence dell'esercito pakistano. E' un fervente antioccidentale e pro-Talebani e pro-Osama Bin Laden. Ha rilasciato molte interviste e non ha mai nascosto il suo pensiero. In molti ritengono che come lui, la pensi la maggior parte dell'intelligence pakistana e che lui vi sia ancora coinvolto, nonostante la pensione.
5) Ha dichiarato di avere preso accordi con Musharraf per un passaggio delle consegne pacifico e che se egli si fosse ripresentato con la divisa militare sarebbe stato un segnale che avrebbe complicato la situazione.
Sir David Frost è un giornalista televisivo INGLESE e lavora per Al Jazeera English Channel nel programma "Frost Over The World".
fonte: Forum della Redazione Politica del TG3
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Riporto quanto appena appreso dal Forum dell'ADUC - Di' La Tua -
con Autore: katz - scritto in data: 30 Dicembre 2007
B E N A Z I R
IL GRANDE DEPISTAGGIO
Maurizio Blondet - 29/12/2007
La morte della Bhutto sulla stampa pakistana
Contrordine.
Benazir Bhutto non è stata uccisa da cecchini con cinque pallottole di AK-47 alla testa, mentre i poliziotti di scorta avevano abbandonato il loro posto un minuto prima dell'assassinio (1).
Contrordine, contrordine: è stata uccisa dallo spostamento d'aria.
E Al Qaeda ha ripetutamente rivendicato.Ci sono le prove, le registrazioni di telefonate fra qaedisti…
Niente autopsia. C'è di meglio di un'autopsia. E' «imminente» un nuovo messaggio di Osama Bin Laden, rivolto però all'Iraq e ad un'organizzazione fondamentalista irachena, «Stato Islamico dell'Iraq».
Lo ha annunciato il celebre centro di caccia al terrorismo SITE, della già nota Rita Katz (2).
Che precisa di aver letto la notizia dell'imminenza in «blog jihadisti», e che il messaggio stavolta durerà 56 minuti.
E pensare che la CIA e le altre 17 agenzie d'intelligence americane, con 50 miliardi di dollari annui di fondi, non riescono a sapere mai nulla di Osama, benchè ci sia sulla sua testa una taglia di 25 milioni di dollari.Invece il SITE, composto di due membri (la Katz e Josh Devon), riesce a sapere tutto in anticipo. Dai blog jihadisti che la CIA non trova mai.
E' straordinario.
Tanto più che Benazir Bhutto in persona, pochi giorni prima di morire, in un'intervista a David Frost, aveva parlato come en passant dell' «uomo che ha ucciso bin Laden», e ne aveva fatto il nome: Saeed Sheikh (3).
E' lo stesso che è accusato di aver ammazzato Daniel Pearl, il giornalista del Wall Street Journal che in Pakistan stava investigando sui rapporti tra l'ISI (intelligence militare) e i terrorismi islamisti.
Questo Saeed Sheikh è anche l'uomo che, per conto dell'ISI, trasferì elettronicamente 100 mila dollari a Mohamed Atta poco prima dell'11 settembre.David Frost, per ragioni davidiche, ha sorvolato.Eppure le dichiarazioni postume della Bhutto sono all'ordine del giorno, e quando è il caso, vengono clamorosamente diffuse.
Dall'Ansa, 27 dicembre: «Benazir Bhutto attribuì la responsabilità di una sua eventuale morte violenta al presidente pakistano Pervez Musharraf. Lo fece in una e-mail indirizzata a un amico americano che è stata consegnata alla CNN prima dell'attentato di oggi. L'e-mail, del 26 ottobre, era stata data da Mark Siegel, l'amico, all'emittente con la consegna che poteva esser resa pubblica solo in caso di morte violenta della Bhutto. 'Era compito del governo proteggerla', ha detto Siegel alla CNN».
Mark Siegel: ecco un altro nome davidico, tipo Katz.
C'è sempre qualche davidico amicissimo del morto, come quell'Alex Goldfarb che stava al capezzale di Litvinenko, unico ammesso alla sala di rianimazione, e ne raccoglieva le accuse per poi riferirle alla grande stampa: è stato Putin, Putin, Putin.
Un altro amico e confidente della Bhutto, Humayun Gauhar, ha detto: «Se gli americani avessero potuto avere un governo retto dalla Bhutto, avrebbero ottenuto ciò che Musharraf ha rifiutato loro: lei avrebbe autorizzato l'entrata delle truppe NATO (letteralmente: gli stivali della NATO sul terreno) nelle aree tribali, e la possibilità di neutralizzare le nostre testate nucleari» (4).
Le testate nucleari, che non devono cadere in mano agli islamisti altrimenti «Israele è in pericolo».
Che questo sia il vero motivo di contenzioso alla radice dell'immenso, sanguinoso disordine pakistano, lo adombra anche Steve Clemons, giornalista di Washington, che ha spesso parlato con Benazir.
«Tra il lusco e il brusco, sotto sotto c'è la questione del comando e controllo delle loro testate atomiche», ha detto Clemons, che è un senior fellow alla New American Foundation, e molto addentro alle segrete stanze di Washington.Un accordo preliminare per far entrare le truppe NATO in Pakistan era già stato preso, come abbiamo riferito, tra Musharraf e John Negroponte.
A questo punto, Benazir - rispedita in patria per «espandere la democrazia» - diventava superflua (5).
Ora, magari, si può ipotizzare che gli stivali NATO (truppe speciali USA, soprattutto) non calcheranno il terreno dell'area tribale, ma abbiano la missione di arraffare le 20-30 testate del Pakistan?
E che all'ISI questa cosa non piaccia affatto, nonostante il sì di Musharraf?
Tutto è possibile.
Tanto più che in Pakistan, il nome «Al Qaeda», o «Talebani», è spesso inteso per formazioni che l'ISI manovra a suo piacere.
«Dovunque il caos viene creato nel mondo a forza di bombe ed assassini, e i neocon si affrettano a puntare il dito su Al Qaeda, si può essere ragionevolmente sicuri che siamo di fronte ad un altro attentato 'false flag' compiuto da un gruppo o gruppi che hanno qualche motivo ulteriore, politico e anche di profitto, per creare il caos»: così leggo su un blog complottista, lataan.blog.
Forse ha ragione il vecchio Lyndon LaRouche (6).
Anche lui ha parlato a caldo di «chaos operation» (operazione-caos), e con una nota interessante: «Guardiamoci da ogni 'spiegazione' o interpretazione del fatto in termini di personalità, di gossip o altro. Questa è una situazione totalmente anormale, e ci può essere solo una spiegazione abnorme».Quale?«Questo ha a che fare con la crisi finanziaria globale. E' l'inizio della prossima fase: creare una situazione di caos potenziale, che è rispondente alla crisi finanziaria. E' il detonatore della carica, che è la crisi finanziaria, il sistema che si sta disintegrando. Come ho detto ieri, è qualcuno interno al sistema britannico che sta agendo contro il resto del sistema. Non si tratta di rivalità né di concorrenza, è la fine del gioco. Chi lo conduce non è di una 'parte', è il croupier (game-master), non uno dei giocatori. Il croupier che vuole sopravvivere».
Secondo lui, «tutta l'operazione è centrata sul 3 gennaio».
Sarebbe la data in cui, «secondo fonti multiple» che LaRouche e i suoi hanno interpellato, «il sistema finanziario entrerà in una nuova e più massiccia crisi».
Floyd Norris, il giornalista finanziario del New York Times, ha già detto che la crisi dei mutui subprime è uno scherzo, in confronto al mercato delle obbligazioni corporate.
Ted Seides, analista di Protege Partners, adombra il collasso del vastissimo mercato dei Credit Default Swaps (CDS), ossia degli strumenti finanziari derivati e sofisticatissimi che venivano rifilati con la scusa che «assicuravano» contro le fluttuazioni monetarie e le perdite di cambio.
Erano gli «hedges» (che compensavano le perdite con guadagni), specialità degli hedge fund ultra-speculativi.
Secondo Seides, queste erano «assicurazioni senza alcuna riserva»: e il loro nominale è valutato in 45 mila miliardi di dollari.Ossia 45 trilioni: il quintuplo del debito nazionale USA.
Scenario da incubo, che non vogliamo nemmeno elaborare.
C'è chi può salvarsi da questa catastrofe?
Molti anni fa, Webster Tarpley mi parlò degli «immortali»: società e gruppi - a volte solo studi di avvocati, che gestiscono patrimoni di genealogie estinte di grandi banchieri - che si sanno immortali.
Ciò perché la loro memoria storica gli ricorda che le due guerre mondiali, le crisi del '29 e del '78, il collasso dell'URSS, Pol Pot e la rivoluzione culturale di Mao, qualunque altra catastrofe che ha spazzato via milioni di vite, rovinato milioni di oneste persone e i loro risparmi, a loro (agli immortali) ha sempre portato un aumento di ricchezza e di potere.Essi stanno al disopra del caos, e lo manovrano.
Il giorno in cui annunciò l'invasione dell'Afghanistan, Bush pronunciò una frase del tipo: «C'è un angelo nella bufera, e guida la tempesta».La si intese allora come una delle frasi rivolte ai cristiani rinati, che aspettano l'Apocalisse e la vogliono accelerare, onde accelerare il secondo avvento di Cristo.
Oggi, si può pensare che l'angelo sia quello delle tenebre, con i suoi agenti più vicini: «gli Immortali», appunto.
I maestri del caos.
Peccato sia morto Joe Vialls, il vecchio agente australiano: prima di morire, egli scrisse che quei maestri a cavallo del caos avevano già comprato vastissimi terreni come loro rifugio, per sopravvivere all'Apocalisse.
Parlò della Tasmania, grande isola a clima temperato nel pieno dell'Oceano Pacifico, lontana dall'Australia e da tutto.
Anche da eventuale fallout nucleare.Ma non facciamo correre la fantasia.
Vialls pensava ai neocon, a Wolfowitz, Perle, Ledeen e simili, che s'erano cercati un'isola per sfuggire al disastro da loro provocato.
Ma Tarik Ali, giornalista britannico nato pakistano, ha detto al Guardian che coloro che pensano di guadagnare dal caos possono essere altri: «In passato, il dominio dei militari (in Pakistan) era almeno inteso a conservare l'ordine, e lo ha fatto per qualche tempo. Ora non più. Oggi esso crea il disordine e promuove l'illegalità: come spiegare altrimenti di otto giudici della Corte Suprema che tentavano di imputare le agenzie d'intelligence militari e la Polizia e portarle in giudizio?».
Giusta osservazione: ora i regimi «forti» - la cui sola giustificazione era l'ordine - hanno convenienza a provocare il caos.
L'osservazione non vale solo per il Pakistan, vale per l'America, vale per l'Italia, vale dovunque il gruppo di potere dominante sente che solo il caos può salvarlo dall'impiccagione, dalla Norimberga che merita.
E', se ci si pensa, il rovesciamento definitivo e radicale del «katechon»: l'imperium non trattiene più il Signore del Caos, ma lo scatena, pensando di «cavalcare la tempesta».
Tutti i commenti dunque, in un modo o nell'altro, puntano il dito su questo: l'unica cosa chiara in questo attentato è il caos.Il caos come esito non voluto, oppure come fine a sé?
Nemmeno questo si può dire, com'è in fondo naturale quando il caos impera, quando governa «l'abnorme» evocato dal vecchio Lyndon.
Non resta che filosofare, come fa Dedefensa: «Il Pakistan è oggi il punto zero del disordine», ma il disordine che attanaglia il mondo l'ha creato «la politica occidentale e americanista».
Tutto è cominciato da un altro punto zero, il ground zero dell'11 settembre, il pretesto per scatenare la guerra mondiale al terrorismo, la «lunga guerra» senza fine.
Di lì si sparge e si espande la zona del caos, sempre più vasta: Afghanistan, Iraq, le ex-province dell'URSS, «cambi di regime», «democrazie colorate», menzogna ufficiale da tutti accettata, in un quadro di abbandono del diritto, di milioni di profughi che nessuno cura, di rilegittimazione della tortura proclamato in Occidente, di massacri impuniti di civili, di genocidi da uranio impoverito perpetrati con la più arrogante sicurezza che nessuno ti chiamerà a renderne conto, perché nel caos non ci sono più tribunali.
Jihadisti, fanatici cristianisti, massacratori casuali di familiari, appaiono tutti come mere scintille nel gran fuoco caotico: un'atmosfera psichica s'è instaurata, che fa che individui informi e malati dentro divengano degli ossessi, o dei posseduti.
E' il grande ballo di san Vito, che scatena i frenetici.
Fanatici sotto, fanatici sopra, al potere; irrazionalismo; terrore di sé e degli altri.
E tutto è cominciato (forse) per il petrolio, e certamente per garantire «la sicurezza di Israele».
Senza Israele come spina, il mondo islamico non sarebbe sconvolto da questo caos.
Chi è l'angelo che davvero cavalca la tempesta?
Lo sapremo presto.
Posso flebilmente ricordare ai credenti che anch'essi hanno una loro arma totale?
Cominciamo a recitare il Rosario.
Virgo Potens.
Mater Misericordiae.
Regina Pacis.
Auxilium Christianorum.
Stella mattutina, che guidi i naviganti nella tempesta.Facciamolo in famiglia, in gruppo, da soli.
Più che si può.
Come è stato profetizzato contro quell'Angelo della Tempesta: «Ella ti schiaccerà il capo».
Maurizio Blondet
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Note
1) Nick Juliano, «Police abandoned security posts before Bhutto assassination - No autopsy Performed on body», Raw story, 28 dicembre 2007.
2) WASHINGTON (AFP, 12/28/2007) The head of the Al-Qaeda network Osama bin Laden is expected to release a taped message on Iraq, a group monitoring extremist online forums said Thursday. The 56-minute tape by the hunted militant is addressed to Iraq and an extremist organization based there, the Islamic State of Iraq, said the US-based SITE monitoring institute, citing announcements on «jihadist forums». It said the release was «impending» but did not say whether the message was an audio or video tape.
3) «Osama bin Laden is dead», http://desertpeace.blogspot.com/2007/12/.
Qui si può vedere il video dove Benazir Bhutto indica l'uccisore di bin Laden. E' anche su YouTube.
4) Gail Sheehy, «Behind the assassination of Benazir Bhutto», Parade, 28 dicembre 2007.
5) «Bhutto sacrificed at the moment when deal was cut between US military & Musharraf», Rumor Mill News, 28 dicembre 2007.
6) LaRouche: «This Whole Operation [Pakistan] is Keyed to the Fact of January 3rd» LarouchePAC, 28 dicembre 2007.
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