(1831-1888)
inventore della Coca-Cola
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E' giunto il momento di sapere tutta la verità e si parte proprio dalla Coca.
SANTORELLO ....
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Il dottor Michele Santoro mi dà incarico di contestarVi l’abusivo utilizzo della sua identità, che Voi state ponendo in essere in modo tale da danneggiare la preparazione e la realizzazione del lavoro del mio Cliente.
Specificamente il Vostro comportamento si sta realizzando illecitamente attraverso l’utilizzazione per i Vostri scopi del suo nome e del nome della sua trasmissione con le modalità e negli ambienti propri nei quali egli effettivamente svolge la sua attività preparatoria di “Anno Zero”, generando così una inammissibile falsata percezione dell’identità dello stesso, del suo lavoro e di quello dei suoi collaboratori.
Con la presente diffida formale Vi intimo di cessare, con decorrenza immediata, dall’illecito comportamento di cui sopra, che determina danno e pregiudizio ai diritti dell’identità e della personalità del mio Cliente oltreché della sua espressione professionale e della sua attività.
Con riserva di agire per il risarcimento dei danni subiti e subendi.
«Da quale pulpito poi viene da predica visto che la satira della Guzzanti nella sua trasmissione non mi sembra così tenera»
«Se mi sbaglio sono pronto a cospargermi il capo di cenere, ma non credo proprio che Michele voglia censurare la sua imitazione… E poi voglio prima vedere la lettera, altrimenti non ci credo. Perchè non la pubblicano? Sparare su Santoro fa sempre bene alla carriera»
BarCamp sulla crisi della democrazia, le iniziative e le nuove forme di partecipazione politica necessarie per contrastarla.
http://www.fainotizia.it/demcamp
Assistiamo al paradosso per cui se la democrazia è oggi il modello di governo più popolare in quasi tutti i paesi del mondo, nei paesi democratici il parlamento e i rappresentanti eletti godono della fiducia solo di una esigua minoranza della società, assai meno di organizzazioni religiose, forze dell'ordine e altre istituzioni non democratiche.
I partiti politici sono sempre meno agenzie della società civile, organizzazioni attraverso cui si realizza la partecipazione politica dei cittadini, e sempre più apparati dello Stato. Come affermano due autorevoli studiosi dei partiti politici, Peter Mair e Richard Katz, "la democrazia elettorale è sempre più percepita come mezzo attraverso cui i governanti controllano i governati piuttosto che viceversa".
In molti paesi si assiste a una deriva autoritaria delle istituzioni democratiche caratterizzata da un consenso di massa nei confronti di provvedimenti che, dal contrasto all'immigrazione clandestina alla sicurezza, dalle emergenze ambientali alla minaccia terroristica, prevedono molto spesso la sospensione di diritti umani fondamentali.
La crescente diseguaglianza economica nelle società democratiche si traduce in un crescente divario di accesso alle risorse necessarie per influenzare le decisioni politiche. Secondo uno dei maggiori politologi viventi, Robert A. Dahl, il vantaggio complessivo in termini di potere, istruzione, disponibilità economiche dei ceti privilegiati può diventare talmente forte che, anche se i ceti meno fortunati costituiscono la maggioranza dei cittadini, il disequilibrio di risorse disponibili li rende incapaci, e forse anche riluttanti, a compiere lo sforzo necessario per vincere le forze della disuguaglianza schierate contro di essi.
In Italia questi fenomeni sono ancora più accentuati a causa del livello di illegalità raggiunto dalle istituzioni, dei privilegi e degenerazioni del sistema partitocratico, della collusione tra poteri pubblici e interessi privati, della scarsa autonomia delle agenzie preposte al controllo del potere politico. La deriva oligarchica riscontrabile anche nelle altre democrazie, in Italia si è accompagnata a una condizione di illegalità e quindi irresponsabilità del potere politico.
La disillusione e il cinismo diffuso tra i cittadini rendono ancora più difficile il cambiamento e il controllo democratico del potere politico, favorendo così il consolidarsi di questo assetto in una nuova forma di regime.
Obiettivo della conferenza "Esperimenti democratici" è quello di affrontare il tema della crisi della democrazia in tutti i suoi aspetti principali, mettendo a confronto le analisi scientifiche con le proposte politiche, nella speranza di poter rappresentare uno strumento di raccolta e confronto per le iniziative di riforma esistenti. A questo scopo la conferenza è articolata in un convegno, con ampi spazi di confronto tra relatori e partecipanti, e un BarCamp.
A questa pagina è possibile iniziare da subito a proporre argomenti di discussione per il BarCamp: http://barcamp.org/demcamp
Il comitato organizzatore del DemCamp è ancora aperto. Per farne parte basta compilare questo modulo:
http://www.radioradicale.it/aderisci-al-comitato-promotore-del-barcamp-esperimenti-democratici
Diego Galli
Responsabile del sito internet
Radio Radicale
Via Principe Amedeo, 200185 Roma
Tel (+39) 06 488781
Simona_REArte scrive: Il tuo commento è sotto verifica.
Maggio 29th, 2008 alle 13:00
PERICOLOSO ATTACCO ALLA DEMOCRAZIA !!!
HANNO APPENA CHIUSO UN FORUM SENZA NESSUNA SPIEGAZIONE !!!
son parecchio incacchiata
Simona_REArte scrive: Il tuo commento è sotto verifica.
Maggio 29th, 2008 alle 13:00
marronna mia come sto male !! marrona mia come son incacchiata !! marrona mia come me sta a ribollar il sangue !!
ragazzi, il prendere consapevolezza che il forum è stato chiuso è la chiara conseguenza della NON DEMOCRAZIA che stiamo vivendo qui in questo nostro bellissimo paese.mi spiace molto, ma penso che voi della redazione state agendo (avete agito) inmodo sconsiderato ed illogico.
NON E’ UNA COSA BELLA CHIUDERE UN FORUM CHE E’ SEMPRE STATO ATTIVO E BEN ACCETTO DA TUTTI
cara redazione state agendo molto ma molto male. spero solo che Michele Santoro non sia tra quelli che hanno deciso all’immediata chiusura del forum.
spero solo che Santoro non sia così stupido e sciocco, ad aver tapapto la bocca di chi fino a ieri ha postato utili informazioni, arricchendo di gran lunga il contributo culturale di questo paese.
spero solo che Santoro, non faccia parte di tutte quelle ombre che stanno agendo alla disfatta della nostra ben amata Democrazia.
spero solo che qualcuno (soprattutto Santoro) dia dimostrazione seria e diretta, di spiegare a tutti noi, che cosa sta accadendo di la, nel dietro le quinte della community RAI e di tutta la redazione di AnnoZero.
spero solo che il buon senso riporti in ordine, ciò che ci è stato appena sottratto.
spero solo … spero solo … spero ancora molte altre cose che se non ottengo qui immediata risposta, andrò a tempestare tutto il WEB della censura in corso e in atto in questo preciso momento.spero spero spero …
la speranza è l’ultima cosa a morire, ma se muore pure quella, allora mi incaxxo per davvero :((
SIMONA_REARTE scrive: Il tuo commento è sotto verifica.
Maggio 29th, 2008 alle 12:45
MA CHE E’ SUCCESSO??
NON TROVO PIU’ IL FORUM DI ANNOZERO E SON SPARITI TUTTI I MIEI POST SCRITTI TU NE SAI QUALCOSA ??
DOVE E’ ANDATO A FINIRE IL FORUM DI MICHELE SANTORO?
HELP HELP
Pensi che me lo pubblicheranno ??
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la protesta si sta concentrando su Report. Secondo me annozero è agli ultimi sospiri, ma io l'avevo detto, santorello era stufo della pradata e per liberarsene non ha esitato a sacrificarsi lui stesso.
GRANDE SANTORO!!
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Già da alcuni mesi avevo deciso – seppur con grande rammarico – di dimettermi dall’Associazione Nazionale Magistrati.
I successivi eventi che mi hanno riguardato, le priorità dettate dai tempi di un processo disciplinare tanto rapido quanto sommario, ingiusto ed iniquo, mi hanno imposto di soprassedere.
Adesso è il tempo che “tutti i nodi vengano al pettine”.
Vado via da un’associazione che non solo non è più in grado di rappresentare adeguatamente i magistrati che quotidianamente esercitano le funzioni, spesso in condizioni proibitive, ma sta – con le condotte ed i comportamenti di questi anni – portando, addirittura, all’affievolimento ed all’indebolimento di quei valori costituzionali che dovrebbero essere il punto di riferimento principale della sua azione.
L’A.N.M. – che storicamente aveva avuto il ruolo di contribuire a concretizzare i valori di indipendenza interna ed esterna della magistratura – negli ultimi anni, con prassi e condotte censurabili ormai sotto gli occhi di tutti, ha contribuito al consolidamento di una magistratura “normalizzata” non sapendo e non volendo “stare vicino” ai tanti colleghi (sicuramente i più “bisognosi”) che dovevano essere sostenuti nelle loro difficili azioni quotidiane spesso in contesti di forte isolamento; ha fatto proprie tendenze e pratiche di lottizzazione attraverso il sistema delle cosiddette correnti; ha contribuito – di fatto – a rendere sempre più arduo l’esercizio di una giurisdizione indipendente che abbia come principale baluardo il principio costituzionale che impone che tutti i cittadini siano uguali di fronte alla legge.
L’A.N.M. è divenuta, con il tempo, un luogo di esercizio del potere, con scambi di ruoli tra magistrati che oggi ricoprono incarichi associativi, domani siedono al C.S.M., dopodomani ai vertici del ministero e poi, magari, finito il “giro”, si trovano a ricoprire posti apicali ai vertici degli uffici giudiziari.
È uno spettacolo che per quanto mi riguarda è divenuto riprovevole.
Anche io, per un periodo, ho pensato, lottando non poco come tutti i miei colleghi sanno, di poter contribuire a cambiare, dall’interno, l’associazionismo giudiziario, ma non è possibile non essendoci più alcun margine.
Lascio, pertanto, l’A.N.M., donando il contributo ad associazioni che, nell’impegno quotidiano antimafia, cercano di garantire l’indipendenza concreta della magistratura molto meglio dell’associazionismo giudiziario.
Non vi è dubbio che anche il Consiglio Superiore della Magistratura, composto da membri laici, espressione dei partiti, e membri togati, espressione delle correnti, non può, quindi, non risentire dello stato attuale della politica e della magistratura associata.
I magistrati debbono avere nel cuore e nella mente e praticare nelle loro azioni i principi costituzionali ed essere soggetti solo alla legge.
So bene che all’interno di tutte le correnti dell’A.N.M. vi sono colleghi di prim’ordine, ma questo sistema di funzionamento dell’autogoverno della magistratura lo considero non più tollerabile.
Il C.S.M. deve essere il luogo in cui tutti i magistrati si sentano, effettivamente, garantiti e tutelati dalle costanti minacce alla loro indipendenza.
Non è possibile assistere ad indegne omissioni o interventi inaccettabili dell’A.N.M., come ad esempio negli ultimi mesi, su vicende gravissime che hanno coinvolto magistrati che, in prima linea, cercano di adempiere solo alle loro funzioni: da ultimo, quello che è accaduto ai colleghi di Santa Maria Capua Vetere.
Non parlo delle azioni ed omissioni riprovevoli – da parte anche di magistrati, non solo operanti in Calabria – sulla mia vicenda perché di quello ho riferito alla magistratura ordinaria competente e sono fiducioso che, prima o poi, tutto sarà più chiaro.
Certo, lo spettacolo che mi ha visto in questi giorni protagonista, in un processo disciplinare che mi ha lasciato senza parole, ha contribuito a radicare in me la convinzione che questo sistema ormai è divenuto inaccettabile per tutti quei magistrati che ancora sentono e amano profondamente questo mestiere e che siamo ormai al capolinea.
Io sono orgoglioso – sembrerà paradossale – che questo C.S.M. mi abbia inflitto la censura con trasferimento d’ufficio. Era proprio quello che mi aspettavo. Ed anche scritto, in tempi non sospetti.
Ho già detto, ad un mio amico antiquario, di farmi una bella cornice: dovrò mettere il dispositivo della sentenza dietro la scrivania del mio ufficio ed indicare a tutti quelli che me lo chiederanno le vere ragioni del mio trasferimento.
La mia condanna disciplinare è grave e infondata, nei confronti della stessa farò ricorso alle sezioni unite civili della Suprema Corte di Cassazione confidando in giudici sereni, onesti, imparziali, in poche parole giusti.
La condanna è, poi, talmente priva di fondamento, da ogni punto di vista, che la considero anche inaccettabile.
Mi viene inflitta la censura, devo lasciare Catanzaro ed abbandonare le funzioni di pubblico ministero in sostanza perché non ho informato i miei superiori in alcune circostanze e perché ho secretato un atto solo ed esclusivamente per salvaguardare le indagini ed evitare che vi fossero propalazioni esterne che danneggiassero le inchieste; senza, peraltro, tenere conto delle gravissime ragioni che hanno necessariamente ispirato alcune mie condotte.
Troppo zelo, troppi scrupoli, troppo amore per questo mestiere.
Del resto il procuratore generale che rappresentava l’accusa in giudizio, nel rimproverarmi, definendomi anche birichino, ha detto che concepisco le mie funzioni come una missione.
Ebbene, questa decisione, a mio umile avviso, contribuisce ad affievolire l’indipendenza della magistratura, conduce ad indebolire i valori ed i principi costituzionali, ci trascina verso una magistratura burocratizzata ed impaurita sotto il maglio e la clava del processo disciplinare.
Il rappresentante della Procura generale della Cassazione in udienza, il dr Vito D’Ambrosio, ex politico, il quale per circa dieci anni è stato anche presidente della Giunta della Regione Marche, ha sostenuto, durante il processo, sostanzialmente, che non rappresento, in modo adeguato, il modello di magistrato.
Ed invero, il modello di magistrato al quale mi sono ispirato è quello rappresentato da mio nonno magistrato (che ha subito anche due attentati durante l’espletamento delle funzioni), da mio padre (che ha condotto processi penali di estrema importanza in materia di terrorismo, criminalità organizzata e corruzione), dai miei magistrati affidatari durante il tirocinio, dai tanti colleghi bravi e onesti conosciuti in questi anni, da quello che ho potuto apprendere ed imparare, sulla mia pelle in contesti ambientali anche molto difficili, dall’esperienza professionale nell’esercizio di un mestiere al quale ho dedicato, praticamente, gran parte della mia vita.
Il mio modello è la Costituzione repubblicana, nata dalla resistenza.
Il modello “castale” e del magistrato “burocrate” non mi interessa e non mi apparterrà mai, nessuna “quarantena” in altri uffici, nessun “trattamento di recupero” nelle pur nobili funzioni giudicanti, potrà mutare i miei valori, né potrà far flettere, nemmeno di un centimetro, la mia schiena.
Sarò sempre lo stesso, forse, debbo a questo appunto ammetterlo, un magistrato che per il “sistema” è “deviato ed eversivo”.
Pertanto, questa sentenza è, per me, la conferma di quello che ho visto in questi anni ed un importante riscontro professionale alla bontà del mio lavoro.
Certo è una sentenza che nella sua profonda ingiustizia è anche intrinsecamente mortificante.
Imporre ad un pubblico ministero, che si sa che ha sempre professato e praticato l’amore immenso per quel mestiere, di non poterlo più fare – sol perché ha “osato”, in pratica, indagare un sistema devastante di corruzione e cercato di evitare che una “rete collusiva” ostacolasse il proprio lavoro e, quindi, condannandolo per avere, in definitiva, rispettato la legge – è un po’ come dire ad un chirurgo che non può più operare, ad un giornalista di inchiesta che deve occuparsi di fiere in campagna, ad un investigatore di polizia giudiziaria che deve pensare ai servizi amministrativi.
Farò di tutto, con passione ed entusiasmo intatti, nei prossimi mesi, per dimostrare quanto ingiusta e grave sia stata questa sentenza e che danno immane abbia prodotto per l’indipendenza e l’autonomia dei magistrati, ed anche e soprattutto per la Calabria, una terra (che continuerò sempre ad amare comunque finisca questa “storia”) che aveva bisogno di ben altri “segnali” istituzionali.
Lavorerò ancor più alacremente nei prossimi mesi – prima del mio probabile allontanamento “coatto” dalla Calabria – presso la Procura della Repubblica di Catanzaro per condurre a termine le indagini più delicate pendenti.
Non mi sottrarrò ad eventuali dibattiti pubblici anche tra i lavoratori, tra gli operai, tra gli studenti, nei luoghi in cui vi è sofferenza di diritti, per contribuire – da cittadino e da magistrato, con la mia forza interiore – al consolidamento di una coscienza civile e per la realizzazione di un tessuto connettivo sinceramente democratico.
Il Paese deve, comunque, sapere che vi sono ancora magistrati che con onore e dignità offrono una garanzia per la tutela dei diritti di tutti (dei forti e dei deboli allo stesso modo) e che non si faranno né intimidire, né condizionare, da alcun tipo di potere, da nessuna casta, esercitando le funzioni con piena indipendenza ed autonomia, in una tensione ideale e morale costituzionalmente orientata, in ossequio, in primo luogo, all’art. 3 della Costituzione repubblicana.
La lotta per i diritti è dura e forse lo sarà sempre di più nei prossimi mesi: nelle istituzioni e nel Paese vi sono ancora, però, energie e valori, anche importanti.
Si deve costruire una rete di rapporti – fondata sui valori di libertà, uguaglianza e fratellanza – che impedisca all’Italia di crollare definitivamente proprio sul terreno fondamentale dei diritti e della giustizia.
È il momento che ognuno faccia qualcosa – in questa devastante deriva etica e pericoloso decadimento dei valori – divenendo protagonista per contribuire al bene della collettività e del prossimo, non lasciando l’Italia nelle mani di manigoldi, affaristi e faccendieri.
23 gennaio 2008
Luigi De Magistris